Lo scorso novembre l’Agenzia delle Entrate – Ufficio Provinciale di Roma ha dato avvio alle notifiche di numerosi Avvisi di Accertamento Catastale con i quali comunicava ai contribuenti la rideterminazione dei dati di classamento e rendita catastale degli immobili di loro proprietà. Gli immobili che saranno interessati dalla revisione dei classamenti sono 175.000 e ricadono in alcune microzone comunali ove ad avviso dell’Agenzia si sono verificati significativi scostamenti tra il valore medio di mercato e quello medio catastale.
Le rendite catastali rettificate appaiono già nella banca dati del catasto ancor prima che il contribuente abbia ricevuto l’atto di accertamento.
Per i contribuenti cui l’atto di accertamento è già stato notificato vi è la possibilità di chiedere all’Agenzia delle Entrate il Riesame in autotutela e/o presentare ricorso presso la Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla data di notifica.
Il Riesame in autotutela appare controproducente perché non sospende il termine per ricorrere innanzi alla Commissione Tributaria e il contribuente rischia di perdere tempo prezioso presso gli uffici del catasto di via Ciamarra, che sembrano ben organizzati a ricevere le istanze in autotutela ma non anche ad evaderle.
L’avviso di accertamento catastale può apparire a molti contribuenti come dotato di regolarità sostanziale, anche in virtù dei continui riferimenti legislativi in esso contenuti. In realtà l’Agenzia ha eseguito un’operazione di massa a tavolino, non priva di elementi di infondatezza e contraddittorietà, nata con il solo scopo di aumentare indiscriminatamente le rendite catastali degli immobili ricadenti in zone determinate.
Ed infatti l’Agenzia, pur riconoscendo che “… la classe viene determinata (omissis) con riferimento alle caratteristiche proprie dell’unità immobiliare”, ha operato le rettifiche delle rendite senza aver svolto i necessari sopralluoghi all’interno delle singole unità immobiliari, volti a verificare che la stima erariale tenga conto del contesto urbano, delle caratteristiche proprie dell’immobile, delle reali condizioni e della sua ubicazione ed esprima conseguentemente il suo reddito effettivo, fatti gli opportuni confronti con le unità tipo. Il tutto come disposto dall’art.61, comma 1 del D.P.R. 1142/49 e dal D.L. n.70 del 1988, convertito con modificazioni dalla L. 13 maggio 1988, n. 154.
Dall’analisi dei primi atti che sono stati notificati è emerso quanto segue.
In primo luogol’Agenzia si è ben guardata dall’indicare l’ubicazione e la consistenza degli immobili di riferimento, limitandosi a citarne i soli dati catastali (foglio, particella, subalterno), rendendo così più lunga e difficile per il contribuente la verifica della correttezza dell’operato dell’Agenzia.
Inoltre sono emerse circostanze paradossali in ordine alla scelta operata dall’Agenzia delle unità di riferimento.
Ed infatti alcune di esse sono ubicate in prestigiosi edifici storici, così che semplici e modeste abitazioni sono state poste a confronto con altre facenti parte di immobili quali “Palazzo Barberini” o “Palazzo Pamphilj Lecca di Guevara”. Chissà quale unità di riferimento verrà indicata nell’atto di accertamento notificato ai contribuenti proprietari di immobili nei dintorni del Quirinale.
In altri casi l’Agenzia ha uniformato la rendita di un immobile del ‘700 del Rione Trastevere, con quella di un immobile moderno in vetro e acciaio del quartiere Prati. Ciò facendo ha di fatto rinunciato ad accertare il grado di differenziazione tra gli immobili ricadenti in una stessa zona censuaria o microzona che dir si voglia, ed è quindi venuta meno al principio fondamentale della perequazione delle imposte. Nella disciplina estimativa, infatti, considerare che tutti gli immobili siano uguali solo perché ricadenti nella stessa zona censuaria o microzona è totalmente errato perché ogni immobile ha caratteristiche estrinseche ed intrinseche proprie, che determinano valori e redditi diversi da fabbricato a fabbricato, anche a distanza di poche decine di metri.
Da ulteriori verifiche è emerso che l’Agenzia, pur riconoscendo un incremento della redditività degli immobili ricadenti nelle microzone interessate dall’operazione in oggetto, non ha ritenuto di aumentare il classamento delle unità di riferimento, le quali pertanto hanno mantenuto il classamento originario risalente all’epoca di impianto (1939), realizzando di fatto una disparità di trattamento tra i contribuenti di una stessa microzona.
L’operato sin qui svolto dall’Agenzia è chiaramente proteso a livellare tutti i classamenti delle unità immobiliari site in alcune zone di Roma: agli immobili ad uso abitazione è stata attribuita prevalentemente la categoria A/2 (abitazione civile) classe 4^, eliminando la categoria A/5 (abitazione ultrapopolare) e quasi in toto la categoria A/3 (abitazione economica) e le classi dalla 1^ alla 3^ della categoria A/2 (si tenga presente che la rendita catastale aumenta con l’aumentare della classe, quindi sono state eliminate le classi più economiche della categoria A/2).
L’operazione eseguita dall’Agenzia delle Entrate per il Comune di Roma ricalca quella già avvenuta in altri comuni italiani. I contribuenti di Napoli che hanno impugnato gli avvisi di accertamento loro notificati hanno già visto concludersi vittoriosamente due gradi di giudizio. I giudici tributari della Campania hanno riconosciuto valide le ragioni dei contribuenti annullando numerosi accertamenti catastali per mancanza di motivazione degli stessi, per aver operato le rettifiche delle rendite senza aver svolto gli obbligatori contraddittori e sopralluoghi e per non aver giustificato i miglioramenti sulla base dei quali sarebbero state determinate le maggiori rendite.
Anche gli eventuali ricorsi dei contribuenti romani potrebbero venir accolti con le medesime motivazioni, determinando di fatto una diversità di classamento tra gli immobili di chi impugnerà vittoriosamente l’accertamento e quelli di chi vi presterà acquiescenza, cosicché appartamenti di un medesimo fabbricato risulteranno classati in modo diverso.
Sicuramente la revisione degli estimi per gli immobili che hanno visto incrementato il proprio valore era un atto necessario, tuttavia il metodo adottato dall’Agenzia delle Entrate vanifica gran parte del lavoro di formazione e conservazione del Catasto che i professionisti, non solo quelli interni all’Ufficio, hanno portato avanti dal 1939 ai giorni nostri; lavoro improntato a principi di giustizia ed equità nella determinazione dei classamenti e delle rendite immobiliari, al fine di attuare il superiore principio generale di perequazione delle imposte.